“Il Doppio”
Questa maschera, di recente invenzione corrisponde, allo schema fondamentale del Carnevale: quello del rovesciamento. Ha forma di un gigante bifronte simile a un Giano popolare, indossa lunghi sgàlbèr con la punta in entrambe le direzioni e i pantaloni sono solitamente di lana scura. Nella parte superiore presenta un ampio mantello che serve per celare le reali fattezze e il vero orientamento delle membra del portatore; il viso è coperto da una maschera doppia nel volto posta sia davanti che dietro la nuca. Sulla sommità della testa è poggiato un cappello di feltro.
Appena comparve sulla scena verso la metà degli anni settanta, il suo vestito era leggermente diverso: «II doppio era più semplice e non era curato bene come adesso, aveva due maschere e due cravatte e un paio di sgalbèr doppi. C’era anche l’uomo coi trampoli anche se quello venne proposto solo dopo e non sempre era presente ai diversi festeggiamenti».
Il volto della maschera, attualmente, non presenta le stesse caratteristiche elencate precedentemente per la Vècia e l’Omasì che raffigurano l’iperbole dell’espressività. I tratti sono meno marcati ed è caratterizzata da un paio di baffi dal piglio quasi aristocratico, così come l’espressione del volto in generale. Importanti sono i movimenti del doppio che deve ingannare l’occhio dello spettatore tanto da non permettergli di capire quale sia la parte vera e quella falsa.
Mentre chi impersona la Vècia e l’Omasì si aiuta con la struttura della maschera, il Doppio, essendo una figura unica deve stare attento a non compiere passi falsi negli spostamenti. Fondamentale la postura con il busto eretto anche se l’aspetto più importante è quello che riguarda l’andatura e le gambe. Egli ha il divieto assoluto di piegarle, perché si capirebbe all’istante da che parte sono rivolte le ginocchia.
L’osservanza di queste regole annulla ogni riferimento per stabilire se il personaggio stia avanzando o indietreggiando.