Cav. Angelo Piccini: benemerito personaggio di Livemmo pioniere del turismo
Un altro benemerito personaggio della Pertica che non va dimenticato e che entrerà incancellabile nella storia di Livemmo, dove nacque nel 1859, fu Angelo Piccini, per la sua intelligente attività svolta per lo sviluppo economico sociale del paese natio, per lo zelo e competenza dimostrati nell’assolvimento delle sue funzioni, prima di segretario comunale e poi di podestà, sempre attento e sensibile ai bisogni della popolazione.
Per i suoi meriti fu giustamente insignito della Croce di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. Fu idealista, di sentimenti patriottici, lettore appassionato, cultore di storia patria e di memorie bresciane in particolare, innamorato della sua terra natale dove da secoli affondano le radici della famiglia Piccini. Figura severa. con quel pizzo quasi alla Pirandello, che spesso accarezzava, specie nelle discussioni o quando doveva affrontare problemi che coinvolgevano gli interessi della comunità, sempre pensoso come assillato da mille pensieri, configurava l’immagine più di un antico filosofo che di un scrupoloso amministratore.
Per la sua conoscenza delle leggi in genere, consultando le quali sperava di trovare qualche appiglio da sfruttare per la valorizzazione delle sperdute zone montane, era considerato un po’ il «maestro» dei giovani segretari comunali; era in effetti sempre disponibile per consigli e favori non solo coi colleghi ma anche coi privati cittadini. Non mancava mai alle più importanti processioni religiose col suo bastone di «comando» (nel passato venivano distribuiti alle autorità locali bastoni laccati in rosso, sormontati da speciali simboli che definivano il ruolo sociale di ciascuno) perché riteneva che in tali manifestazioni, fosse doverosa la presenza dei pubblici amministratori.
Livemmo, zona climatica
Suo grande merito fu quello di non avere mai abbandonato l’ottimistica ambiziosa idea di far ridiventare Livemmo la «capitale» della Pertica come lo era nel 1600, quando poteva vantare 692 abitanti (rimasti solo 72 dopo la pestilenza di manzoniana memoria del 1630) e ricche abitazioni con luminosi loggiati, veri palazzotti di ossatura architettonica seicentesca, di cui rimangono ancora oggi testimonianza e in sbiaditi affreschi e stemmi sui portali.
Spenti i quattro forni fusori del ferro e le fucine, che esistevano in Val Pertica, l’ultimo fu quello di Livemmo sul Tovere nel 1847, l’economia locale ebbe un grave crollo e si verificò un notevole esodo degli abitanti in cerca di lavoro. Tale situazione preoccupava il Piccini che vide, come unica ancora di salvezza, l’industria del turismo.
Maturata, all’inizio del secolo, tale convinzione, pur rendendosi conto delle enormi difficoltà che avrebbe incontrate poiché mancavano le infrastrutture con alberghi e strade, e sfidando l’Opinione degli scettici che consideravano il suo ambizioso progetto una «folle chimera», incoraggiato dalla Sezione Provinciale del Club Alpino Italiano, come primo passo ottenne l’elevazione del Comune di Livemmo a zona climatica.
La costruzione e la struttura dell’Albergo Prealpi
Con molta abilità e tatto riuscì a far progettare la strada Livemmo-Belprato Vestone o Nozza, e in attesa della necessaria approvazione, fece costruire l’albergo che denominò «delle prealpi»; in una delle più ridenti posizioni di Livemmo, secondo le più moderne esigenze di quel tempo: sale e camere spaziose, bagni, servizi, con attrezzatissima cucina e, meraviglia… con illuminazione a gas.
Dalle ampie terrazze poi i graditi ospiti potevano contemplare distese di verdi prati soleggiati, il vetusto tempio di Barbaine, la trasparenza della Conca di Agnosine, le dorate albe sui dentellati roccioni della Corna di Savallo e infine i fiammeggianti tramonti sul Guglielmo, motivi cari a Togni che li ritrasse in stupende colorazioni.
L’albergo sorto come d’incanto, meravigliando la popolazione, già nel 19073 ospitava numerosi villeggianti, entusiasti della località, della gentile accoglienza degli abitanti, del trattamento, nonché della buona cucina, merito dell’impeccabile direttrice Signora Luisa, moglie del coraggioso «pioniere», che egli conobbe, giovane e graziosa maestra, quando per un periodo di tempo insegnò a Livemmo.
Tra gli ospiti, non mancavano mai assidui clienti, il sen. Molmenti e il noto musicista bresciano Chimeri (a Brescia c’è una via intitolata al suo nome), c’erano molti amici che il Piccini, s’era fatto quando aveva sistemata la famiglia in città per far studiare i figli (quattro figlie tutte diplomate presso l’Istituto Magistrale V. Gambara e Giovanni che, per la sua vocazione alla musica, studiò piano sotto l’esperta guida del Chimeri, affermandosi poi a Milano e partecipando ad importanti concerti nelle principali città d’Europa, deceduto a soli 56 anni).
Livemmo poté così trionfalmente entrare nella storia del turismo in Pertica e ogni estate presentava l’atmosfera gaia delle vacanze, con animazione nelle vie, lungo le stradette e i sentieri che portano a Odeno, a S. Rocco e Barbaine e all’immancabile pineta di Passello.
Un sogno: la strada che collegava la Pertica a Vestone
Col trascorrere degli anni, per la mancanza della sospirata strada, specie dopo la prima guerra mondiale, l’afflusso degli ospiti diradò notevolmente perché le nuove generazioni preferivano località più comode, con strade asfaltate, basi per ardite escursioni e con maggiori distrazioni. Un tentativo per dare nuova vita all’«Albergo delle Prealpi» dopo la seconda guerra mondiale non ebbe successo, esso quindi col suo glorioso passato passò alla storia.
Il Cav. Piccini, sempre preoccupato per il degrado economico del paese, sempre sospirando la costruzione della camionabile che avrebbe concorso ad «ossigenare» le condizioni di vita degli abitanti, sperava che qualche fatto nuovo sbloccasse la situazione. Ma un’altra delusione lo attendeva. S’era un giorno illuso quando sui Ronchi si erano scoperti, in una grotta, strati di «lavagna» per poter dare il via ad una cava che avrebbe fruttato denaro alle ben misere casse del Comune e soprattutto lavoro ai disoccupati. Un esperto chiamato sul posto, dopo accertamenti dichiarò che non era il caso di iniziare i lavori di scavo poiché, pur essendo la lavagna di ottima qualità, il filone era di breve consistenza.
Il progetto venne poi «rispolverato» nel 1931, grazie a nuove leggi che finalmente favorivano i paesi isolati della montagna, e finalmente il 1 ottobre 1933 a Nozza venne inaugurato, presenti le più alte autorità della provincia con a capo il prefetto Salerno, l’inizio del primo tronco Nozza-Belprato.
L’ultimo incontro con il Cav. Piccini
L’ultima volta che vidi il Cav. Piccini, lo incontrai mentre scendeva dalla ripida sassosa strada, Avenone-Forno, con ricami trasparenti di ghiaccio, pallido, appoggiato all’alpenstock, fedele amico nelle sue escursioni, con al collo, per avere le mani libere, a mo’ di cannocchiale, la borsa di pelle. Dopo i convenevoli concluse, convinto che quella strada non l’avrebbe più percorsa….
Mi sembrò che con quelle parole volesse esprimere la certezza di salire presto a Livemmo, non lungo le mulattiere, ma percorrendo la «sua strada» in macchina. A Forno d’ Caro lo aspettava una carrozza per condurlo a Nozza, ospite della figlia Camilla, dove serenamente si spense il 14 gennaio 1929, forse sognando la strada che non vide realizzata…
I funerali e il ricordo di Livemmo
I funerali si svolsero imponenti con la partecipazione di autorevoli rappresentanze delle autorità di Brescia, dei podestà e segretari comunali della Val Sabbia e soprattutto fu totale la presenza dei livemmesi. La salma venne poi traslata a Livemmo, portata a spalle, per desiderio dei familiari e per la volontà della popolazione che lo volle vicino.
Per ricordarlo in segno dì affettuosa gratitudine, fu deciso poi che la piazzetta antistante la chiesa ed il monumento dei Caduti, portasse il suo nome ad imperitura memoria. Ora dorme il sonno eterno nell’urna del piccolo cimitero dove riposano i suoi cari, dal quale il suo spirito, placato dopo tante delusioni, gioirà osservando lo sfrecciare delle macchine davanti al cancello, su strade asfaltate, la fioritura di tante villette sparse sui dolci divi. nuovi alberghi, visi sorridenti, allegre comitive in un clima di serena convivenza.
Nelle urne vicine, dormono pure l’eterno riposo, dopo decenni di silenziosa e feconda opera di educatori, i benemeriti insegnanti Ballini e Zubani che condivisero tra i molti scettici, per la prosperità di Livemmo, le aspirazioni del «pioniere del turismo», fatte realtà dopo la compianta sua morte.
Bartolomeo Flocchini
dall’Eco delle Pertiche 1/1987