Santuario della Madonna del Pianto a Ono Degno
La chiesa della Madonna del Pianto, nella frazione “Beata Vergine” di Ono Degno, iniziata nel 1610 sulla preesistente cappella di S. Salvatore, fu ultimata nel 1615 con grande concorso di popolo, anche in seguito alle eloquenti e infuocate predicazioni di un grande domenicano del luogo, p. Serafino Borra.
La vicenda che diede luogo alla costruzione fu il miracolo del pianto dagli occhi dipinti della Vergine Maria in una piccola e semplice icona, portata da Venezia ad Ono da un onesto montanaro, Giovanni Antonio Dusi, recatosi nella serenissima città per motivi di lavoro.
La sacra effigie trovava degna collocazione nella nuova chiesa che veniva benedetta da Mons. Michele Veroglio, vescovo di Zante e Cefalonia nel 1628.
L’edificio, progettato da Giovanni Battista Lantana, ebbe un continuo susseguirsi di abbellimenti e arricchimenti (dipinti, marmi, intagli, arredi, paramenti, ecc.), compresi i settecenteschi rifacimenti dell’architetto Giovanni Antonio, che ne hanno in parte mutato il primigenio aspetto.
L’esterno è semplice e lineare, con un portale in pietra locale sovrastato da un affresco del primo Settecento di Domenico Voltolini.
L’interno, a grande aula, è proporzionato, con due cappelle laterali che disegnano gioco architettonico ed equilibrio di forme.
L’altar maggiore, composito, è un raro esempio di coesistenza dei vari materiali, dal marmo al legno, dalla scultura all’intarsio: al centro del paliotto un medaglione in marmo bianco raffigura “l’abbraccio tra la Vergine e S. Elisabetta”; più decentrati vi sono due bianchi angeli marmorei, tra fiori e festoni, ricami e preziosità, tra cui spicca il tabernacolo!
Camillo Rama affrescò la volta nel 1615: “la Gloria della Vergine” nel presbiterio, “l’Assunzione della Vergine”, “l’Annunciazione e l’incontro con S. Giuseppe” nella navata.
La pala dell’altar maggiore, con “la nascita della Vergine” è attribuita a Domenico Voltolini, mentre la splendida tela dell’altare laterale (a destra per chi entra) è opera del 1633 di Giacomo Barbello e raffigura “Cristo in croce con i SS. Pietro, Paolo, Rocco e Sebastiano”.
Sull’altare della cappella laterale di sinistra vi è una notevole pala, di impronta secentesca, di autore ignoto, raffigurante “la circoncisione di Gesù”.
Incastonate in belle cornici, sulle pareti della navata, fanno bella mostra di sé quattro grandi tele: “l’adorazione dei Magi”, “la presentazione al Tempio” (a destra, sopra il confessionale), “l’incontro tra la Vergine e S. Elisabetta” (a sinistra, sopra il confessionale), “lo sposalizio della Vergine” (a sinistra, sopra il pulpito).
Singolare, nel tema, è l’affresco in ovale del presbiterio (parte sinistra) che rappresenta “la disputa della Vergine fanciulla con i Sacerdoti del Tempio”, tratto dalle tradizioni apocrife della Chiesa.
Altri quattro tondi, a definire la ricchezza quantitativa e qualitativa delle tele del santuario, sono posti sull’arco santo del presbiterio e raffigurano: “S. Filippo Neri, Santa Lucia, S. Luigi Gonzaga, Santa Apollonia”.
Sotto la pala dell’altar maggiore spicca il deposito marmoreo del Biasio, un trittico a nicchia, dove, in quello centrale è riposta la miracolosa icona della Vergine; negli altri due si conservano i corpi dei martiri Beatrice e Felice, dipinti ognuno sulla propria portella.
Ai lati dello stesso deposito notevoli sono le statuette che rappresentano la Fede e la Carità.
Il tutto è contornato dalla maestosa ancona lignea commissionata nel 1667 alla bottega dei Montanino, mentre ai Boscaì vengono attribuiti gli scanni del coro.
L’organo è del 1835, racchiuso in una nicchia con voltone in legno dipinto e dorato, con cariatidi ai lati e sostituisce quello più antico del 1734.
Il santuario, per la struttura architettonica, l’equilibrio delle parti, la numerosità e la qualità delle tele, l’utilizzo composito dei vari materiali (dal legno, al marmo, allo stucco), la sobrietà esteriore contrapposta alla ricchezza dell’interno, la presenza di prestigiose firme di artisti, può, a ragione, essere annoverato come uno dei monumenti di maggior pregio artistico della Valle Sabbia.